La storia industriale e recente
Scheda
Nome | Descrizione |
---|---|
Punto di partenza | Magnadyne |
Punto di arrivo | Stazione Ferroviaria |
Lunghezza | 2 Km circa |
Tempo percorrenza | 30 minuti |
Grado di difficoltà | Bassa |
L'area industriale
L’area industriale di età contemporanea, circa tremila metri quadri, includeva due grandi stabilimenti: il Cotonificio Valle di Susa e la Magnadyne, il primo costruito ad inizio Novecento il secondo trasferitosi qui da Torino nel 1943. Entrambi hanno cessano la loro attività negli anni Sessanta e Novanta del secolo scorso lasciando spazio a piccole attività produttive. L’area è raggiungibile dalla Statale 24 superato il Ponte di S. Valeriano ma è di scarso valore architettonico. Merita invece una visita la palazzina posta di fronte alla stazione ferroviaria, un tempo destinata agli uffici del Cotonificio.
La Magnadyne
La Magnadyne Radio fu fondata nel 1928 da Paolo Dequarti, in collaborazione con Mario Pesce, già proprietario della ditta Accumulatori OHM. Inizialmente l’attività si stabilì in un capannone di Torino e nel 1935 dava lavoro a oltre i 1000 operai. I bombardamenti del secondo conflitto mondiale distrussero buona parte dello stabilimento così, nel maggio del 1943, la fabbrica si trasferì a Sant’Antonino. Nel dopoguerra la ditta si ampliò, le sedi commerciali erano situate in molte città italiane tra cui Torino, Roma, Milano, Genova, Firenze. La Magnadyne Radio cessò la sua attività nel 1955 per far posto alla INFIN che a sua volta, pochi anni dopo, andò in crisi e venne rilevata dalla SEIMART Elettronica. Dopo l’ennesima ristrutturazione aziendale, la ex Magnadyne diventa ELCIT, chiudendo i reparti di falegnameria, bobinatura, verniciatura, plastica e fonografia divenendo così solo più una fabbrica di assemblaggio ma divenne ben presto la quarta azienda italiana produttrice di elettronica di consumo e nel 1978 produsse 26.000 televisori e possedeva una quota di mercato del 2,3%. Oltre ai televisori con i marchi Magnadyne e Radiomarelli, ELCIT produceva anche monitor da computer per Olivetti e altre aziende informatiche. Per buona parte degli anni ottanta, le attività ebbero un discreto andamento commerciale, nonostante le ristrettezze tecnologiche a disposizione. Nel 1998 l’azienda chiude definitivamente ogni attività.
Il Cotonificio Valle di Susa
Lo stabilimento di Sant’Antonino, costruito nei primi mesi del Novecento è, in Valle di Susa, l’ultimo insediamento produttivo della Ditta Wild & Abegg che era già proprietaria nel 1882 di un impianto a Borgone e di uno (1887) a Chianocco. Nel 1913 Wild recede dalla società e continua in proprio l’attività della filatura e tessitura del cotone, impiantando stabilimenti a Novara e a Piasco in provincia di Cuneo. Allora Augusto Abegg associa a sé il fratello Carlo, che peraltro non abbandonerà la sua attività di setaiolo in Lombardia. Nel 1914 i due danno vita alla società denominata Cotonificio Valle di Susa di Abegg & C, con sede a Torino. In quell’anno la società estende il suo controllo alla Manifattura di S. Maurizio Canavese e nel 1915 acquisisce il fallito Cotonificio Moncenisio di Susa, completando così la sua influenza monopolistica sul territorio della Valle di Susa. L’industria conosce un buon sviluppo fino agli anni Sessanta del Novecento, impiegando diverse centinaia di operai nel solo stabilimento di Sant’Antonino. Gli Abegg cedono il passo nel 1947 al giovane industriale Giulio Riva. Alla sua morte, avvenuta il 28 aprile 1960, il suo impero è costituito da 600mila fusi di filatura e 150mila di ritorcitura, da 10mila telai, da decine di società commerciali e finanziarie in Italia e all’estero. I dipendenti sono oltre 15mila distribuiti in 30 stabilimenti. Il figlio maggiore, Felice, ne assume il controllo ma una serie di scelte avventate portano lo stabilimento alla chiusura per fallimento (5 ottobre 1965) e alla condanna dello stesso Riva per bancarotta fraudolenta.
Il rifugio antiaereo (Guarda la Video Guida)
La struttura si trova di fronte alla stazione ferroviaria nel piccolo parco dei Medagli. La nascita dei rifugi antiaereo in Italia ha radici lontane, già nel 1933 il Ministero della Guerra dirama le prime norme per la costruzione di ricoveri e la protezione degli edifici esistenti e l’anno successivo istituisce un’organizzazione: l’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea). Questa si articolava in un Comitato Centrale Interministeriale e Comitati Comunali e Provinciali. Una serie di Decreti nel 1934 disciplina l’allarme per la popolazione, l’oscuramento, lo sgombero di grandi centri e la protezione del patrimonio artistico e strategico. Da allora le Amministrazioni territoriali, i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa vengono progressivamente coinvolti nel predisporre programmi di difesa con esercitazioni per la popolazione e attività di aggiornamento della normativa in materia. Questo edificio fu completato il 13 luglio 1943 ad opera del Cotonificio Valle di Susa, le dimensioni sono piuttosto contenute – 34 mq – e poteva ospitare un massimo di 100 persone. È costruito in calcestruzzo, la base è a circa quattro metri sotto il livello di calpestio è ricoperto da terra e rappresentava l’unico adatto ad un riparo sicuro dal bombardamento aereo. La struttura è quella standard per edifici di questo tipo: una scala di accesso che conduce alla stanza dove erano collocate le panche per lo stazionamento dei rifugiati, una via di fuga di emergenza che fungeva anche da camino di aereazione. Sono ancora ben visibili una traccia per l’acqua potabile e per l’illuminazione elettrica.
La torretta con la sirena per l’allarme alla popolazione
Il segnale di allerta nell’imminenza delle incursioni aeree era dato dalla sirena del Cotonificio Valle di Susa – ora posta su una torretta in ferro nei locali dei Vigili del Fuoco qui accanto – azionata da un addetto che riceveva l’ordine dal funzionario comunale a sua volta avvisato attraverso Radio EIAR o telefonicamente.
La passerella pedonale
Nel primo decennio del Novecento la linea ferroviaria Bussoleno - Torino fu completamente elettrificata, contestualmente fu costruita la passerella per consentire ai lavoratori del Cotonificio Wild e Abegg, poi Cotonifici Valle Susa, di attraversare i binari senza pericolo. Nel 1914 la passerella fu illuminata per agevolarne il passaggio notturno.
La stazione ferroviaria
Il 14 giugno 1852 il Governo del Regno di Sardegna delibera la costruzione della linea ferroviaria Torino Susa e, nei territori della bassa Valle di Susa, la costruzione di quattro stazioni: Sant’Ambrogio, Condove, Sant’Antonino, Borgone. Cinque mesi più tardi il Consiglio Comunale, presieduto da Felice Rossetto Casel, comunica all'Intendenza di Susa la dismissione dei terreni e dei boschi interessati dalla costruzione della strada ferrata e il prezzo concordato: 15 lire per ogni 38 centiare. La società concessionaria, l'inglese Jackson, Brassey ed Henfrey, può iniziare i lavori, il legname ricavato andrà al Comune. Due anni più tardi il sindaco Fiorenzo Amprimo, visto che nel frattempo la fermata di Sant'Antonino non è ancora divenuta stazione, domanda uno “Speciale riguardo per la quasi totale privazione d'ogni commercio, causatogli dalla ferrovia, essendogli tolto ogni traffico che si procurava il passaggio della Strada Reale in mezzo al paese”. La richiesta venne accolta nel 1855, anche per facilitare il “traffico colla capitale di legna da fuoco, carbone, corteccia da rovere, di larici, di castagne”. A trent'anni dall'inaugurazione delle linea - avvenuta il 24 maggio 1854 - la piccola stazione di Sant'Antonino mostra tutti i suoi limiti “La sala d'aspetto, se così si vuol chiamarla, non è che un passaggio ove non ci possono stare che poche persone, e quasi sempre obbligate a stare in piedi perché non vi è posto da mettervi sedie e panche”. Il vero ampliamento avverrà all'inizio del Novecento quando gli stabilimenti Wild e Abegg e Mazancieux, da soli, daranno lavoro a circa 1000 operai e vi sono altre piccole industrie. Sarà perciò costruito un grande piazzale per le merci e messo in opera una gru per il trasporto dei pesi e una bilancia.
La Magnadyne Radio fu fondata nel 1928 da Paolo Dequarti, in collaborazione con Mario Pesce, già proprietario della ditta Accumulatori OHM. Inizialmente l’attività si stabilì in un capannone di Torino e nel 1935 dava lavoro a oltre i 1000 operai. I bombardamenti del secondo conflitto mondiale distrussero buona parte dello stabilimento così, nel maggio del 1943, la fabbrica si trasferì a Sant’Antonino. Nel dopoguerra la ditta si ampliò, le sedi commerciali erano situate in molte città italiane tra cui Torino, Roma, Milano, Genova, Firenze. La Magnadyne Radio cessò la sua attività nel 1955 per far posto alla INFIN che a sua volta, pochi anni dopo, andò in crisi e venne rilevata dalla SEIMART Elettronica. Dopo l’ennesima ristrutturazione aziendale, la ex Magnadyne diventa ELCIT, chiudendo i reparti di falegnameria, bobinatura, verniciatura, plastica e fonografia divenendo così solo più una fabbrica di assemblaggio ma divenne ben presto la quarta azienda italiana produttrice di elettronica di consumo e nel 1978 produsse 26.000 televisori e possedeva una quota di mercato del 2,3%. Oltre ai televisori con i marchi Magnadyne e Radiomarelli, ELCIT produceva anche monitor da computer per Olivetti e altre aziende informatiche. Per buona parte degli anni ottanta, le attività ebbero un discreto andamento commerciale, nonostante le ristrettezze tecnologiche a disposizione. Nel 1998 l’azienda chiude definitivamente ogni attività.
Il Cotonificio Valle di Susa
Lo stabilimento di Sant’Antonino, costruito nei primi mesi del Novecento è, in Valle di Susa, l’ultimo insediamento produttivo della Ditta Wild & Abegg che era già proprietaria nel 1882 di un impianto a Borgone e di uno (1887) a Chianocco. Nel 1913 Wild recede dalla società e continua in proprio l’attività della filatura e tessitura del cotone, impiantando stabilimenti a Novara e a Piasco in provincia di Cuneo. Allora Augusto Abegg associa a sé il fratello Carlo, che peraltro non abbandonerà la sua attività di setaiolo in Lombardia. Nel 1914 i due danno vita alla società denominata Cotonificio Valle di Susa di Abegg & C, con sede a Torino. In quell’anno la società estende il suo controllo alla Manifattura di S. Maurizio Canavese e nel 1915 acquisisce il fallito Cotonificio Moncenisio di Susa, completando così la sua influenza monopolistica sul territorio della Valle di Susa. L’industria conosce un buon sviluppo fino agli anni Sessanta del Novecento, impiegando diverse centinaia di operai nel solo stabilimento di Sant’Antonino. Gli Abegg cedono il passo nel 1947 al giovane industriale Giulio Riva. Alla sua morte, avvenuta il 28 aprile 1960, il suo impero è costituito da 600mila fusi di filatura e 150mila di ritorcitura, da 10mila telai, da decine di società commerciali e finanziarie in Italia e all’estero. I dipendenti sono oltre 15mila distribuiti in 30 stabilimenti. Il figlio maggiore, Felice, ne assume il controllo ma una serie di scelte avventate portano lo stabilimento alla chiusura per fallimento (5 ottobre 1965) e alla condanna dello stesso Riva per bancarotta fraudolenta.
Il rifugio antiaereo (Guarda la Video Guida)
La struttura si trova di fronte alla stazione ferroviaria nel piccolo parco dei Medagli. La nascita dei rifugi antiaereo in Italia ha radici lontane, già nel 1933 il Ministero della Guerra dirama le prime norme per la costruzione di ricoveri e la protezione degli edifici esistenti e l’anno successivo istituisce un’organizzazione: l’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea). Questa si articolava in un Comitato Centrale Interministeriale e Comitati Comunali e Provinciali. Una serie di Decreti nel 1934 disciplina l’allarme per la popolazione, l’oscuramento, lo sgombero di grandi centri e la protezione del patrimonio artistico e strategico. Da allora le Amministrazioni territoriali, i Vigili del Fuoco e la Croce Rossa vengono progressivamente coinvolti nel predisporre programmi di difesa con esercitazioni per la popolazione e attività di aggiornamento della normativa in materia. Questo edificio fu completato il 13 luglio 1943 ad opera del Cotonificio Valle di Susa, le dimensioni sono piuttosto contenute – 34 mq – e poteva ospitare un massimo di 100 persone. È costruito in calcestruzzo, la base è a circa quattro metri sotto il livello di calpestio è ricoperto da terra e rappresentava l’unico adatto ad un riparo sicuro dal bombardamento aereo. La struttura è quella standard per edifici di questo tipo: una scala di accesso che conduce alla stanza dove erano collocate le panche per lo stazionamento dei rifugiati, una via di fuga di emergenza che fungeva anche da camino di aereazione. Sono ancora ben visibili una traccia per l’acqua potabile e per l’illuminazione elettrica.
La torretta con la sirena per l’allarme alla popolazione
Il segnale di allerta nell’imminenza delle incursioni aeree era dato dalla sirena del Cotonificio Valle di Susa – ora posta su una torretta in ferro nei locali dei Vigili del Fuoco qui accanto – azionata da un addetto che riceveva l’ordine dal funzionario comunale a sua volta avvisato attraverso Radio EIAR o telefonicamente.
La passerella pedonale
Nel primo decennio del Novecento la linea ferroviaria Bussoleno - Torino fu completamente elettrificata, contestualmente fu costruita la passerella per consentire ai lavoratori del Cotonificio Wild e Abegg, poi Cotonifici Valle Susa, di attraversare i binari senza pericolo. Nel 1914 la passerella fu illuminata per agevolarne il passaggio notturno.
La stazione ferroviaria
Il 14 giugno 1852 il Governo del Regno di Sardegna delibera la costruzione della linea ferroviaria Torino Susa e, nei territori della bassa Valle di Susa, la costruzione di quattro stazioni: Sant’Ambrogio, Condove, Sant’Antonino, Borgone. Cinque mesi più tardi il Consiglio Comunale, presieduto da Felice Rossetto Casel, comunica all'Intendenza di Susa la dismissione dei terreni e dei boschi interessati dalla costruzione della strada ferrata e il prezzo concordato: 15 lire per ogni 38 centiare. La società concessionaria, l'inglese Jackson, Brassey ed Henfrey, può iniziare i lavori, il legname ricavato andrà al Comune. Due anni più tardi il sindaco Fiorenzo Amprimo, visto che nel frattempo la fermata di Sant'Antonino non è ancora divenuta stazione, domanda uno “Speciale riguardo per la quasi totale privazione d'ogni commercio, causatogli dalla ferrovia, essendogli tolto ogni traffico che si procurava il passaggio della Strada Reale in mezzo al paese”. La richiesta venne accolta nel 1855, anche per facilitare il “traffico colla capitale di legna da fuoco, carbone, corteccia da rovere, di larici, di castagne”. A trent'anni dall'inaugurazione delle linea - avvenuta il 24 maggio 1854 - la piccola stazione di Sant'Antonino mostra tutti i suoi limiti “La sala d'aspetto, se così si vuol chiamarla, non è che un passaggio ove non ci possono stare che poche persone, e quasi sempre obbligate a stare in piedi perché non vi è posto da mettervi sedie e panche”. Il vero ampliamento avverrà all'inizio del Novecento quando gli stabilimenti Wild e Abegg e Mazancieux, da soli, daranno lavoro a circa 1000 operai e vi sono altre piccole industrie. Sarà perciò costruito un grande piazzale per le merci e messo in opera una gru per il trasporto dei pesi e una bilancia.